Giorni, settimane, mesi, la dipartita della mia ispirazione.
Poi, come una marea oceanica, è tornata. Senza un motivo, la mia regina del no sense.
Ho avuto voglia di scrivere molto in questi ultimi giorni, di scrivere di tutto, di scrivere per tutti, un pensiero ciascuno. Non per me, no.
Avrei voluto scrivere di te, che ultimamente non ti sento più vicino e celestiale come un tempo. Avrei voluto scriverti che sei sempre qui, solo un po’ meno edenico e un po’ più umano, come tutte le persone insomma. Forse sarei stato brusco o forse sarei stato dolce, ti avrei riportato alla mia altezza e magari ti avrei dedicato un ultimo articolo. Di questa ultima cosa sono molto scettico, il nostro ultimo articolo dovrà attendere ancora un po’.
Ho pensato anche di scrivere di te, che sei sempre nascosta tra le mie righe. Inamabile persona che in qualche modo è diventata la mia unica croce in mezzo a tante delizie più o meno apprezzate che orbitano nel mio buffo piccolo mondo. Volevo preannunciare su queste pagine l’atto finale della mia battaglia contro quel mulino a vento che sei tu, provando a scrivere ancora qualche riga romantica su quello che, nelle nubi della mia mente, sei te.
L’altro giorno ti ho pensato amico mio, mi sei tornato in mente, chiaro e forte, come da qualche anno non mi succedeva. Ho ricordato come se fosse ieri quel pomeriggio di primavera in cui hai voluto che aprissi la finestra di quella stanza con le pareti bianche e i letti in acciaio cromato. Se avessi avuto un taccuino e una bella calligrafia, avrei scritto ancora di che bella persona tu fossi stata e di quanto la vita fosse stata strana con te, perché non è stata cattiva e tu lo sai, ovunque tu sia ora. Sarebbe bello saperlo, anche solo per farci due chiacchiere alla nostra maniera.
Ora che ci penso, avrei voluto scrivere anche di me, di questo viaggio senza sosta alla ricerca di chi sono io e da dove vengo. Non l’ho fatto perché, ogni volta che scrivo la parola viaggio, sento lo stomaco contrarsi, quasi a ribellarsi all’etimologia di una parola che a volte poco rappresenta queste memorie. Ogni volta che scrivo quella parola ricordo la prima volta che l’ho usata in questo spazio, ricordo quanti anni sono passati, mi chiedo chi fossi e chi sono adesso. Avrei voluto scrivere del disagio che provo quando mi perdo dentro me stesso ed è tutto buio, quando non vedo nessun bagliore all’orizzonte e non c’è nessun faro di Alessandria in lontananza ad alimentare la speranza che questo cammino abbia una meta, un traguardo, una salvezza.
Mat